In un mare di sabbia – “Dune”, la recensione senza spoiler

Finalmente dopo un anno e mezzo di lockdown per la pandemia, i cinema riaprono ed io ho la possibilità di farmi finalmente la mia dose di cinema, dopo così tanta astinenza.

Il film scelto è ovviamente Dune, tenuto sotto tiro da quando lo annunciarono quasi 2 anni fa e la cui uscita è stata rimandata di quasi un anno grazie ad un virus che non è stato capace di farsi i cazzi suoi ed ha voluto essere protagonista delle nostre vite e della nostra attenzione per tutto questo periodo.

Dopo un’astinenza dal cinema così lunga, forse avrei dovuto ricominciare in modo più graduale, scegliendo un filmettino più leggero, tipo Solaris di Tarkovsky.

Perché scrivo questo? Il regista di Dune, Denis Villeneuve, lo conosco per due suoi film precedenti: “Arrival” e “Blade Runner 2049”; in entrambi questi film trovo che il regista abbia fatto un lavoro di scenografia superlativo, visivamente li trovo spettacolari; anche la trama è molto interessante e riflessiva e tuttavia, alla fine dei film, tutto quello che riuscivo a pensare è: “E che due palle!”

Io, dopo aver visto un film di Villeneuve

Prima della visione mi immaginavo quindi il regista con in mano la storia del primo romanzo di Dune, un romanzo molto riflessivo e, a mio avviso, molto difficile da trasferire sulla pellicola cinematografica… a meno che non si voglia ovviamente fare un boiata pazzesca o prendersi delle totali libertà da quello che era il romanzo e discostarsi da esso a piacere. “Ehi, George Lucas, sto parlando di te e del tuo Star Wars”.

Dune, secondo George Lucas. Come direbbe Obi Wan: “Più simile questo al romanzo di Herbert, che non il film di Lynch… da un certo punto di vista”

Tornando al discorso di Dune in mano a Villeneuve, mi aspettavo quindi un film di una noia mortale, dove per poter rimanere sveglio devi farti accompagnare al cinema dal tuo amico Torquemada che sperimenta su di te tutte le peggiori torture che gli possano venire in mente.

Io che mi preparo a non addormentarmi alla visione di un film di Villeneuve

Con questa aspettativa, il giorno della visione mi feci un bel pisolino pomeridiano per eliminare ogni possibile traccia di sonno dalla mia mente, mi sparai due flebo in vena di caffeina e finalmente mi recai al cinema, nei posti VIP (piccola digressione: i posti VIP avevano le sedute sfondate e la pelle dei sedili era tagliata in più punti: ma quella famosissima Maria che grugnisce, muggisce, la smolla al primo che passa, pure al secondo, al terzo e alla squadra di rugby in trasferta in Palestina e va a raccontare al marito che è passato lo Spirito Santo e il figlio che porta in grembo è quindi benedetto!).

Ne sono volate molte, quando ho visto lo stato del mio posto al cinema

E dopo qesta lunga apertura, finalmente arrivo a parlare del film: non so se sia stato per la caffeina, per il pisolino o la seduta della poltrona scomoda, ma il film non l’ho trovato affatto noioso; non fraintendetemi, il film è lungo, ha diverse scene dilungate a dismisura a mio avviso inutilmente (detto da persona che ha letto il romanzo) a scapito a volte di alcuni approfondimenti che si sarebbero potuti fare sui personaggi  o su alcuni aspetti dell’ambientazione: nel complesso è comunque molto godibile, soprattutto per la scenografia che, come suo solito, Villeneuve cura tantissimo ed è veramente spettacolare.

I variegati paesaggi del pianeta Arrakis, comunemente noto come Dune: sabbia, ancora sabbia, nient’altro che sabbia. C’è da ammettere che però il regista Villeneuve è riuscito a renderli meravigliosi (immagine generica di un deserto, non tratta dal film)

Facendo poi un paragone con l’omonimo film di Lynch, Villeneuve sceglie un metodo narrativo che usa pochissimo i dialoghi fuori campo per rappresentare i pensieri del protagonista e questo è un altro aspetto che ho gradito molto di questa rappresentazione cinematografica.

La critica principale che muovo al film però è che, secondo me, è molto più godibile a coloro che hanno letto il romanzo, lasciando infatti alcuni aspetti dell’ambientazione o dei personaggi coerenti con il romanzo di Herbert, ma non spiegati; tra questi elenco:

I mentat: per chi non ha letto il romanzo, nell’ambientazione di Dune le intelligenze artificiali sono bandite a causa del Jihad Butleriano, cioè della rivolta di queste contro gli esseri umani, che è sfociata in una guerra che ha visto gli esseri umani vincitori (per chi stesse pensando a Terminator: Dune è stato scritto da Frank Herbert nel 1965). Dopo questa rivolta, per sopperire alla mancanza di computer, la specie umana ha sviluppato la disciplina mentat che genera, attraverso opportuni addestramenti, uomini che con la propria mente hanno capacità di calcolo, memorizzazione ed elaborazione dei dati analoga a quella dei migliori calcolatori elettronici. Nel film sono ovviamente presenti, li si vede ragionare ed elaborare i dati, ma viene a malapena nominata la parola “mentat” e non viene spiegata la loro ragione di esistenza, così come l’assenza dei computer, quindi una persona che non ha letto il libro, potrebbe trovare incoerente il futuro fantascientifico presentato nel film. Per chi ha letto il libro, potrebbe invece disturbare il fatto che i mentat del film non siano rappresentati con le loro caratteristiche labbra rosse, colorazione che hanno a causa del consumo di succo di Sapho, una bevanda che amplifica le loro capacità di ragionamento;

Piter De Vries, il mentat degli Harkonnen: a sinistra, nella visione di Villeneuve, a destra in quella di Lynch. Il regista Lynch ha replicato nella visione del suo film le tipiche labbra scarlatte dei mentat, rese così dal consumo di succo di Sapho. Stranamente, Villeneuve ha deciso di ignorare quel particolare visivo; non mi disturba, mi sorprende semplicemente che un regista così attento all’aspetto visivo abbia deciso di prendersi una libera licenza su una caratteristica chiaramente descritta e motivata nel romanzo da cui si è ispirato

I combattimenti: nei combattimenti del film, come in quelli del romanzo, si fa un ampio uso di lame, soprattutto coltelli; si vede che vengono utilizzati degli scudi di energia personali e saltuariamente, delle armi spara dardi e in un paio di occasioni, delle armi laser. Nel film però non si spiega il perché si combatte moltissimo all’arma bianca, trascurando altri tipi di armi potenzialmente più efficaci e quindi ad una persona che non ha letto il romanzo potrebbe apparire una scelta scenica, piuttosto che coerente con l’ambientazione.

Duncan Idaho mentre fa macello di avversari, tutti armati di coltelli

La spiego di seguito: nell’universo di Dune, gli scudi di energia sono una protezione molto comune per le persone; questi hanno la caratteristica di deviare qualunque oggetto solido arrivi contro l’utilizzatore oltre una certa velocità: deviano pertanto pugni, proiettili, martellate e coltellate, ma non, ad esempio, le carezze. Per riuscire quindi a colpire e ferire una persona che indossa uno scudo del genere, si usa solitamente il coltello o comunque armi da taglio, così da utilizzarle in difesa per parare i colpi muovendole rapidamente e attaccando con sufficiente lentezza da non avere il proprio colpo deviato dallo scudo. In alternativa ai coltelli, vi sono pistole che sparano dardi sufficientemente lenti da non essere influenzati dallo scudo: il problema è che ovviamente, essendo il dardo lento, sarebbe facile da schivare e di conseguenza sono utilizzate per colpire a distanza bersagli inconsapevoli di essere sotto tiro; quindi sono armi preferite da assassini piuttosto che per combattimenti diretti.

Come sono rappresentati gli scudi personali ad energia, conosciuti anche come scudi di Holtzman, nel film di Villeneuve: un campo di forza che circonda l’intera figura, proteggendola da tutti gli oggetti che arrivano contro il bersaglio oltre una determinata velocità

Rimangono infine i laser, il cui uso è molto limitato in quanto quando un raggio laser colpisce uno scudo, provocherebbe un’esplosione analoga a quella di una bomba atomica e pertanto non morirebbe solo il bersaglio, ma anche il tiratore e tutte le persone attorno. Nel romanzo viene proprio sfruttata questa particolarità degli scudi per creare una trappola esplosiva (banalmente vengono nascosti degli scudi attivi in una zona che si era previsto sarebbe stata presa di mira da dei laser) cosa che non avviene invece nel film; secondo me, introdurre una scena del genere, oltre ad essere spettacolare, avrebbe aggiunto una spiegazione del perché usano armi laser per tagliare porte blindate come fossero burro e non le indirizzano per sortire il medesimo effetto contro i propri avversari;

Gurney Halleck: questo personaggio è interpretato dal bravissimo Josh Brolin: ha un paio di caratteristiche presenti tanto nel film quanto nel romanzo, che sono una cicatrice sul volto e il suo odio smodato per gli Harkonnen. Nel film la cicatrice viene messa subito in evidenza da un’inquadratura alla presentazione del personaggio, tuttavia si perde completamente il vizio che ha Gurney di continuare a toccarsela e percorrere con le dita i solchi della stessa, così come non viene menzionato come se la sia fatta; non sono elementi essenziali per lo svolgimento della trama, ma danno un po’ più di spessore al personaggio: avendo letto il libro, l’inquadratura su quella cicatrice ha aperto il mondo su quel personaggio e l’ho gradito e apprezzato tantissimo, ma mettendomi nei panni di chi non lo ha fatto, potrebbe apparire come uno dei tanti personaggi secondari in cui la cicatrice serve a farlo apparire “un duro”. Avendo scritto in precedenza che, a mio modestissimo parere, vi sono alcune scene inutilmente dilungate, si sarebbe potuto sacrificare un pochino del tempo portato via da essere per dare più spazio e tridimensionalità a personaggi come questo.

Gurney Halleck in tutto il suo splendore, rappresentato dal carismatico Josh Brolin

Vi sono ovviamente molti altri elementi minori, ma questi sono i principali che sono coerenti con il romanzo, ma non sufficientemente spiegati per coloro che sono digiuni di Dune.

In conclusione, il film è molto godibile, visivamente eccezionale, secondo me troppo portato verso coloro che hanno letto il romanzo: il fatto che rappresenti solo la prima metà del libro e che quindi dovremo aspettare almeno un secondo film per sperare di vedere la conclusione della storia, non aiuta di certo la visione verso coloro che non conoscono l’universo e le vicende dei romanzi di Dune: questo non significa che non possano apprezzarlo, ma di certo aprirà loro un sacco di domande e interrogativi che sono lasciati in sospeso.

Dune [il romanzo]

Vi sono molti aspetti della vita che ci riportano, complice la memoria, irrimediabilmente ad altri.. un profumo, un tessuto, una pietanza (ad esempio le Madelaine di Proust).
Ho trascorso una settimana al mare.. e la sabbia mi ha riportato al romanzo (e alla saga successiva) di Dune (Frank Herbert).

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Il romanzo di Herbert (vincitore del premio Hugo 1965) è la storia della sfida (a sfondo ecologico) tra la dinastia Atreides e quella Harkonnen per il controllo del pianeta Arrakis, una landa desertica, unico luogo di produzione, raccolta e raffinazione del Melange (o Spezia), una preziosissima sostanza fondamentale per la struttura della società galattica per motivi che vengono descritti nel romanzo stesso e approfonditi nei libri successivi.
Tanto per capire di cosa stiamo parlando, di questo libro hanno detto:

Il puro piacere dell’invenzione e della narrazione ad altissimo livello. Isaac Asimov
Un mondo che nessuno ha ancora saputo ricreare con tale perfezione. James Cameron
Il meglio. Oltre ogni genere letterario e ogni epoca. Stephen King
Senza Dune, Guerre stellari non sarebbe mai esistito. George Lucas
Dune è parte integrante del mio universo fantastico. Steven Spielberg

..e scusate se è poco.

Per chi non ha letto il romanzo (adattato in film nel 1984, regia di David Lynch, prodotto da Dino De Laurentis) è difficile riassumere la trama; Dune ha la sua forza proprio nell’intreccio e nella costruzione dei rapporti fra Pianeti, Casate, personaggi principali e secondari, il tutto sullo sfondo di un pianeta-deserto, popolato da una tribù misteriosa (i Fremen).
Rimando quindi al link su wikipedia per la lettura della trama.

Stilisticamente, c’è una cosa che Herbert ha fatto meglio di chiunque altro: creare un intreccio continuo tra dialoghi e monologhi che sta a metà tra la partita a scacchi e il trattato di psicologia. Leggete il libro e fateci caso: ogni scambio di battute tra personaggi è inestricabilmente intrecciato con il flusso di pensieri dei dialoganti, che danno in tempo reale una meta-lettura di quello che stanno dicendo.

Passando al lato tematico, i critici considerano Dune il primo grande esempio di “fantascienza ecologica”. Quella che lavora sulle correlazioni tra cultura, attività umana e ambiente esterno. Un tipo di riflessione che oggi è attualissima. Nota bene, però: Herbert l’ha proposta in piena guerra fredda, quando la minaccia era la bomba atomica che spazza via tutto. Eppure lui già pensava in termini di ecosistema, immaginando come il ciclo di vita del verme delle sabbie e il mantenimento (o la modificazione) del suo habitat naturale potessero influire sullo sviluppo di civiltà che dal verme stesso traevano quello che serviva loro per prosperare (cioè la spezia, fonte al tempo stesso di cultura, di commercio e di mobilità).

Herbert usa la narrazione fantascientifica per esplorare complessi sistemi di idee riguardanti filosofia, religione, psicologia, politica ed ecologia. Si potrebbe riassumere affermando che la sua produzione rivela una particolare attenzione alla questione della sopravvivenza e dell’evoluzione umana.
I temi ricorrenti nei racconti e nei romanzi di Herbert possono essere riassunti schematicamente tramite alcuni punti chiave:
– Il concetto di governo, evidenziandone gli errori e i punti deboli: in special modo la tendenza schiavizzante degli esseri umani a seguire ciecamente leader carismatici.
– La necessità per l’uomo di dover pensare contemporaneamente in maniera sistematica anche nei riguardi di fenomeni a lungo termine.
– Le relazioni che intercorrono fra religione, politica e potere.
– Le possibilità relative all’espansione della coscienza e del subconscio umano.
– Le origini dell’equilibrio mentale e della follia. Herbert si interessò molto al lavoro di Thomas Szasz e dell”Anti-psichiatria”.
– Gli effetti e le conseguenze determinate dall’alterazione della coscienza per opera di agenti chimici. La ‘spezia” di Dune deriva da sperimentazioni di allucinogeni assunti in prima persona.
– L’influenza del linguaggio sulle percezioni. Herbert venne influenzato in modo particolare dal lavoro di Alfred Korzybski sulla ‘General Semantics”
– La sociobiologia come rapporto fra le predisposizioni genetiche, le percezioni primordiali e la società dell’educazione schematica.

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Vi lascio con una citazione dal romanzo, la litania Bene-Gesserit contro la paura.

“Non devo aver paura.
La paura uccide la mente.
La paura è piccola morte che porta con se l’annullamento totale.
Guarderò in faccia la mia paura, permetterò che mi calpesti e mi attraversi.
E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso.
Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla.
Soltanto io ci sarò.”