Vi sono molti aspetti della vita che ci riportano, complice la memoria, irrimediabilmente ad altri.. un profumo, un tessuto, una pietanza (ad esempio le Madelaine di Proust).
Ho trascorso una settimana al mare.. e la sabbia mi ha riportato al romanzo (e alla saga successiva) di Dune (Frank Herbert).
Il romanzo di Herbert (vincitore del premio Hugo 1965) è la storia della sfida (a sfondo ecologico) tra la dinastia Atreides e quella Harkonnen per il controllo del pianeta Arrakis, una landa desertica, unico luogo di produzione, raccolta e raffinazione del Melange (o Spezia), una preziosissima sostanza fondamentale per la struttura della società galattica per motivi che vengono descritti nel romanzo stesso e approfonditi nei libri successivi.
Tanto per capire di cosa stiamo parlando, di questo libro hanno detto:
– Il puro piacere dell’invenzione e della narrazione ad altissimo livello. Isaac Asimov
– Un mondo che nessuno ha ancora saputo ricreare con tale perfezione. James Cameron
– Il meglio. Oltre ogni genere letterario e ogni epoca. Stephen King
– Senza Dune, Guerre stellari non sarebbe mai esistito. George Lucas
– Dune è parte integrante del mio universo fantastico. Steven Spielberg
..e scusate se è poco.
Per chi non ha letto il romanzo (adattato in film nel 1984, regia di David Lynch, prodotto da Dino De Laurentis) è difficile riassumere la trama; Dune ha la sua forza proprio nell’intreccio e nella costruzione dei rapporti fra Pianeti, Casate, personaggi principali e secondari, il tutto sullo sfondo di un pianeta-deserto, popolato da una tribù misteriosa (i Fremen).
Rimando quindi al link su wikipedia per la lettura della trama.
Stilisticamente, c’è una cosa che Herbert ha fatto meglio di chiunque altro: creare un intreccio continuo tra dialoghi e monologhi che sta a metà tra la partita a scacchi e il trattato di psicologia. Leggete il libro e fateci caso: ogni scambio di battute tra personaggi è inestricabilmente intrecciato con il flusso di pensieri dei dialoganti, che danno in tempo reale una meta-lettura di quello che stanno dicendo.
Passando al lato tematico, i critici considerano Dune il primo grande esempio di “fantascienza ecologica”. Quella che lavora sulle correlazioni tra cultura, attività umana e ambiente esterno. Un tipo di riflessione che oggi è attualissima. Nota bene, però: Herbert l’ha proposta in piena guerra fredda, quando la minaccia era la bomba atomica che spazza via tutto. Eppure lui già pensava in termini di ecosistema, immaginando come il ciclo di vita del verme delle sabbie e il mantenimento (o la modificazione) del suo habitat naturale potessero influire sullo sviluppo di civiltà che dal verme stesso traevano quello che serviva loro per prosperare (cioè la spezia, fonte al tempo stesso di cultura, di commercio e di mobilità).
Herbert usa la narrazione fantascientifica per esplorare complessi sistemi di idee riguardanti filosofia, religione, psicologia, politica ed ecologia. Si potrebbe riassumere affermando che la sua produzione rivela una particolare attenzione alla questione della sopravvivenza e dell’evoluzione umana.
I temi ricorrenti nei racconti e nei romanzi di Herbert possono essere riassunti schematicamente tramite alcuni punti chiave:
– Il concetto di governo, evidenziandone gli errori e i punti deboli: in special modo la tendenza schiavizzante degli esseri umani a seguire ciecamente leader carismatici.
– La necessità per l’uomo di dover pensare contemporaneamente in maniera sistematica anche nei riguardi di fenomeni a lungo termine.
– Le relazioni che intercorrono fra religione, politica e potere.
– Le possibilità relative all’espansione della coscienza e del subconscio umano.
– Le origini dell’equilibrio mentale e della follia. Herbert si interessò molto al lavoro di Thomas Szasz e dell”Anti-psichiatria”.
– Gli effetti e le conseguenze determinate dall’alterazione della coscienza per opera di agenti chimici. La ‘spezia” di Dune deriva da sperimentazioni di allucinogeni assunti in prima persona.
– L’influenza del linguaggio sulle percezioni. Herbert venne influenzato in modo particolare dal lavoro di Alfred Korzybski sulla ‘General Semantics”
– La sociobiologia come rapporto fra le predisposizioni genetiche, le percezioni primordiali e la società dell’educazione schematica.
Vi lascio con una citazione dal romanzo, la litania Bene-Gesserit contro la paura.
“Non devo aver paura.
La paura uccide la mente.
La paura è piccola morte che porta con se l’annullamento totale.
Guarderò in faccia la mia paura, permetterò che mi calpesti e mi attraversi.
E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso.
Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla.
Soltanto io ci sarò.”