Il viaggio nel tempo (parte 3)

Dopo il nostro articolo serio sul cinema ed i viaggi nel tempo, vi riporto un dialogo realmente avvenuto fra me e Wolf.

Il suono della sveglia mi richiama con un sussulto dal morbido abbraccio del criosonno.
Guardo il display.. non è la sveglia, settata per risvegliarmi fra 15 anni.. ma un allarme di chiamata, codice preferenziale 135.
Solo una persona può chiamarmi e romper.. strapparmi dal criosonno, sapendo di farla franca: Wolf974
Cerco a tentoni il mio orecchio destro, senza successo. Devo averlo perso nella vasca.
Ci riprovo, questa volta stringo fra le dita (sicuramente non mie) un pezzo di carne molliccia.
Premo il microinterruttore per rispondere alla chiamata.

Nijal: “…mrff..wtf?”
Wolf974: “ciao bello, disturbo?”
Nijal: “…sgurt! adess..?”
Wolf ignora i miei monosillabi. Era ovvio.
Wolf974: “…allora la criostasi è fattibile! Leggi quì:

Niente.. ignora i miei grugniti che avrebbero fatto invidia ad un Cro-Magnon.
Mi faccio forza e rispondo.

Nijal: “sgrunt.. dobbiamo trasformarci in vermi?”
Wolf974: “ci faranno vermi ogm”
N: “gnam gnam.. comunque è la storia di “il senso di Smilla per la neve”.. non so se l’hai letto.. dove trovano dei vermi preistorici in una caverna al polo nord”
W: “no”
N: “non male, anche il film.. ”
W: “Interessante. Invece ti ho detto che devi guardare Sense8?”
N: “..dove lo guardo?”
W: “Netflix. Poi ho una domanda metafisica da farti riguardo ai viaggi nel tempo.”
N: “..dimmi”
W: “Sai che ci sono vari tizi che hanno detto di provenire dal futuro con varie profezie, uno su tutti John Titor. Adesso pare ce ne sia un altro di cui non ricordo il nome… ma al di là delle profezie, mi interrogavo su una cosa… ci sono coloro che affermano a prescindere che sono delle bufale e sicuramente lo sono…. però la cosa mi fa pensare…e se invece anche il solo fatto che questi si siano dichiarati e abbiano esplicitamente proclamato la loro profezia, abbia quindi cambiato il corso degli eventi?… noi non potremmo accorgercene e per noi risulta una bufala… ma nella realtà delle cose sono loro stessi ad avere cambiato le cose… mi segui?”
N: “chiamo la neuro?”
W: “:D”
N: “vai avanti”
W: “no solo x concludere…. che noi non possiamo affermar con certezza che siano bufale; semplicemente c’è il principio di indeterminazione delle cose che ci vieta di farlo. Capisci?”
N: “si, sono d’accordo”
W: “ok…sono un genio.. XD”
N: “1) non abbiamo modo di dimostrare che il viaggio nel tempo sia possibile o impossibile, con le conoscenze scientifiche attuali..”
W: “già..”
N: “2) è più bello immaginarlo possibile :)”
W: “Diciamo che è teoricamente fattibile ma tecnicamente irrealizzabile.. ed è più facile che l’uomo si estingua che si riesca a farlo…”
N: “Beh.. ammettiamo che diventerà possibile.. anzi.. di quanti “viaggiatori dal futuro” abbiamo notizia, oltre a John Titor?”
W: “Ne parlavano ieri di uno….ma nn ricordo il nome.”
N: “Se il viaggio dal futuro è possibile, c’è pochissima gente che viene a trovarci.. sarà perchè è troppo costoso o rischioso ?”
W: “se veramente ci sono secondo te si palesano??? sarebbero idioti.. andrebbero a sfasciare la continuità spazio temporale”
N: “magari non è troppo costoso o rischioso ma è estremamente controllato.. oppure non è possibile”.
W: “controllato tipo ‘agenti temporali’ .. questo mi ricollega a un gioco che sto giocando “life is strange“, avventura grafica narrativa. All’apparenza è la storia di una colleggiale americana un po nerd, le sue vicende si intrecciano con le trame della cittadina che è sconvolta da strani eventi. Lei ha poi delle visioni… e infine si trova con il potere di tornare indietro nel tempo… all’inizio x poco tempo… cmq… impersoni lei. La cosa buffa è che puoi rifare le scene che giochi per scegliere il finale che più ti aggrada dei dialoghi.. ed ogni evento che scegli ha delle conseguenze successive. Ebbene quasi alla fine del giochi scopri che tutti gli eventi strani che avvenivano in città: animali morti, doppia luna di notte, neve d’estate e infine un tornado epocale che devasta la città… è tutta colpa tua e dei tuoi poteri che hanno squarciato lo spazio tempo, oltre al fatto carino che durante la storia hai provato a sistemare il passato (salvando gente che era morta). Ma le conseguenze sono state peggiori.. salvi una persona per poi scoprire che la tua migliore amica era in sedia a rotelle morente.. quindi tornavi indietro alla situazione precedente.. scelte difficili… quindi ti ritrovi a dover rimediare ai cambiamenti che hai fatto.”
N: “Dovresti leggere questo romanzo di S.King.. 22/11/63
W: “cmq solo x ragionare che il viaggio nel tempo può creare grandi casini..”
N: “Si ma perchè?..”
W: “deve essere un po’ come incrociare i flussi…”
N: “..sei tu un Dio?”
N: “Oltre a creare conseguenze.. questi squarci temporali da cosa derivano? Dalla potenza necessaria al viaggio?”
W: “Si..no.. forse.. aspè, seguimi: lo spazio è come un foglio di carta curvo giusto? dove le grandi masse lo incurvano..”
N: “si”
W: “Secondo me, dove ci sono delle grandi masse, ci sono dei punti di congiunzione tra più fogli paralleli tra loro (dimensioni).. immagina come se la realtà fosse un libro… noi viviamo in più fogli ma siamo coscienti di uno solo..”
N: “ma come mai oggi sei così metafisico?”
W: “boh! comunque.. se congiungiamo dei fogli in punti distanti tra loro è come se facessimo un taglio e un ponte tra i due.. se i fogli sono congiunti solo dove c’è un enorme massa… vedi buchi neri o stelle.. se congiungiamo con dei punti i fogli, capisci bene che è come avere una singolarità (buco nero) in quel punto.”
N: “Eh certo, sono anni che studio fisica cosmologica!”
W: “..e di certo nn fa bene alla natura delle cose stare vicino a una singolarità! Questo spiegherebbe i disastri causati dal viaggiare nel tempo.. le forze in gioco.. cmq non so.. mi piace la teoria..”
N: “Quindi se potessimo avvicinarci ad uno di questi “buchi neri”, potremmo passare da un “foglio” all’ altro..?”
W: “Mah.. si.. forse.. Vabbè, ti saluto: il mio vicino, il Sig. Schrödinger mi ha chiesto 2 giorni fa di guardargli il gatto mentre lui è via.. e me ne sono dimenticato. Chissà se è vivo o morto..?”

Cade la linea, mi giro nuovamente e sprofondo nel criosonno..

Il viaggio nel tempo (parte 2)

Rieccoci quì, dopo un breve articolo introduttivo, a parlare di come la tematica dei viaggi nel tempo abbia influenzato la fantascienza.

time_machine_04 “When I speak of time, I’m speaking of the fourth dimension.”

Iniziamo con H.G.Wells “The Time Machine” (1895) perché è da qui che il viaggio nel tempo assume una forma di romanzo. Questo non significa che non ci fossero storie di viaggi nel tempo prima di Wells, anzi ve ne sono numerosi esempi. Lo stesso Wells pubblico una prima versione della sua storia con un titolo meno orecchiabile “The Chronic Argonauts” già nel 1988. Alcuni anni prima Edward Page Mitchell pubblicò “The clock that went backward” (1881), la storia di un magico orologio a pendolo che permette ai personaggi di tornare all’assedio di Leiden (Olanda) nel 1572 e salvare la città. In “A Christmas Carol” (1844) di Dickens, spiriti magici mostrano a Scrooge degli scorci del suo passato e del suo futuro. Ma è “La macchina del tempo” di Wells che mette in moto un intero genere di storie, romanzi e film. Questo punto di partenza, tuttavia, suscita una serie di domande. Potremmo chiederci, come mai il viaggio nel tempo è apparso dal nulla nel 1894 ed è diventato uno degli argomenti principali della narrativa fantastica e fantascientifica del 20esimo e 21esimo secolo?

Da ormai più di una generazione, il viaggio nel tempo è entrato nella nostra cultura. In televisione abbiamo visto la straordinaria popolarità che serie come Doctor Who (1963-) e Star Trek (1966-) hanno riscontrato, senza dimenticare che proprio la serie ideata da Roddenberry spesso include, nella narrazione dei suoi episodi, storie di viaggi nel tempo. Questo avviene anche nei film che hanno seguito la serie TV, ad esempio Star Trek IV The Journey Home (1986) ed il reboot, diretto da J.J.Abrams, Star Trek (2009). L’utilizzo del viaggio nel tempo viene usato ancora in altri film di attualità, da The Time Traveller’s Wife (2009) fino ai film di Harry Potter (dove fra i trucchi magici troviamo il ‘time turner’). Nel primo indimenticabile film di Superman (1978), l’eroe (o meglio il supereroe) torna indietro nel tempo, invertendo ingenuamente (ma in maniera molto efficace per la narrazione) il senso di rotazione della Terra, per annullare l’opera di Lex Luthor (il lancio di un missile contro la Faglia di San Andrea… niente di che) e per resuscitare così la sua (eterna) fidanzata, deceduta nel terremoto scatenato dal missile. Nel fiorire di film basati sui supereroi Marvel (e D.C.Comics), ne troviamo anche uno che sfrutta il viaggio nel tempo come elemento narrativo X Men: Days of Future Past (2014).

Ciò che le storie precedenti a quella di Wells hanno in comune, è la casualità, l’arbitrarietà di questi “spostamenti temporali”. Non c’è un interesse attivo verso cosa ci attende nel futuro o una ricerca storica; inoltre in queste storie non traspare che il viaggio nel tempo possa appartenere in qualche modo al mondo materiale della scienza e della tecnologia, anzi essi sono “pilotati” da magie, sogni, fantasmi.

L’importanza del romanzo di Wells non sta nella narrazione (per quanto avvincente) ma per il suo rimettere ad un meccanismo, ad un “veicolo” realizzato dall’uomo, la potenzialità di spostarsi nel tempo. L’uomo decide (tranne eventuali guasti alla macchina stessa) dove andare. Questo è il motivo che spinge Wells a modificare il titolo della sua opera da “The Chronic Argonauts” a “The Time Machine”; è la macchina che permette lo svolgersi della storia, è verso la macchina che si rivolge la nostra attenzione. E come non possiamo allora citare la pura meraviglia ed onesta (e condivisibile) invidia che esprime Marty McFly nel memorabile Ritorno al Futuro (1985): ”Mi stai dicendo che hai costruito una macchina del tempo… con una DeLorean?”. E per tutti i numerosi fan di Doctor Who, il TARDIS è un personaggio reale come qualsiasi altro assistente del dottore stesso.

Una ragione per questa nuova attenzione sulla “macchina” è che rende controllabile qualcosa che, fino allora, era aldilà delle nostre capacità di controllo. I sogni, la magia.. sono cose che ricadono su di noi, che viviamo passivamente, come accade a Scrooge. La memoria, i ricordi del passato, possono tormentarci o farci sognare con nostalgia.. ma non possiamo fare nulla per modificarli. Una macchina del tempo, invece, è qualcosa che possiamo controllare. Questo è il sogno che cattura l’immaginario del ventesimo secolo. Si potrebbe fare un parallelismo storico fra questo “controllo” della macchina del tempo e la diffusione delle prime autovetture.

Non è possibile fare un resoconto completo dei racconti, dei romanzi e dei film in cui si parla del viaggio del tempo, ma fra il 1950 ed il 1960 furono scritte centinaia di storie, al punto da renderlo un concetto ben codificato nella cultura contemporanea. La maggior parte di queste storie ruota attorno alle due principali tipologie di paradossi temporali che, se il viaggio nel tempo fosse possibile, si potrebbero generare. Il primo è il paradosso del “loop temporale”, ovvero: potrei tornare indietro e diventare il mio stesso antenato se non addirittura genitore ?”. Il secondo è il “paradosso del nonno” : se tornassi indietro nel tempo ed uccidessi i miei nonni, i miei genitori non sarebbero mai nati e di conseguenza neanche io; ma se io non esistessi, non potrei tornare nel tempo per uccidere i miei nonni, di conseguenza io esisto e così potrei tornare indietro nel tempo per uccidere i miei nonni… etc. etc. Per quanto riguarda il primo paradosso, i testi chiave per la lettura sono due storie brevi di Robert Heinlein: By His Bootstraps (1941) ed All You Zombies (1958). Nel secondo, grazie allo svolgimento di una particolare trama temporale, il personaggio principale ha un figlio (che è se stesso) da una versione femminile di se stesso (precedentemente ad un cambio di sesso). Bizzarro. Potremmo anche dire che si tratta di un caso limite di “controllo” : la fantasia maschile di una perfetta autonomia ed autosufficienza; la propria esistenza scaturisce da se stessi, senza il bisogno di alcuna interazione con gli altri. Il fatto che questa fantasia sia “claustrofobica” (e anche un po’ psicopatologica) non ha impedito a questa storia breve di diventare uno degli esempi più significativi del genere. Il cinema si è spesso fatto “prendere” dalla bellezza strutturale di questo tipo di paradosso temporale: Groundhog Day (1993), Donnie Darko (2001), Deja Vu (2006), Source Code (2011) ed il recente Looper (2012) si appoggiano ad esso.

Qualsiasi paradosso invita alla ricerca di una soluzione. Quella più utilizzata nella narrativa è che il viaggio a ritroso nel tempo risulti in una realtà alternativa (o time-line) che parte e si dirama dal momento dell’arrivo del viaggiatore. Un esempio molto influente (e che è stato ripreso fino alla nausea) è il racconto di Ray Bradbury “A Sound of Thunder” (1952), nel quale un appassionato di caccia grossa, con licenza di viaggio nel tempo, durante una battuta al Tyrannosaurus Rex, accidentalmente calpesta una farfalla; al ritorno nel suo tempo di appartenenza trova che tutto è cambiato. Spesso sembra che tutto avvenga in maniera casuale, priva di controllo, ma l’importanza del protagonista, il suo ruolo centrale, ne esce rafforzato. Nel racconto di A.E. van Vogt “The Weapon Shops of Isher” (1951), un viaggiatore nel tempo perde il controllo della propria nave, iniziando ad altalenare fra gap temporali sempre più ampi, immagazzinando una energia così potente da proiettarlo verso un ultimo salto indietro nel tempo, fino al BigBang, il momento della creazione del cosmo, di cui lui stesso è artefice (e vittima). Come immagine dell’onnipotenza catastrofica dei viaggiatori nel tempo, ammetterete che questa è difficile da battere.

Facciamo una piccola parentesi su come i viaggi nel tempo vengono illustrati. I libri, come sappiamo, sono degli strumenti per facilitare il nostro accesso alla narrativa, mentre il cinema e la televisione utilizzano strumenti più complessi e moderni per fare lo stesso. Cine e Tele mostrano immagini in movimento mentre i libri usano parole statiche (anche se le parole non sono mai ‘statiche’). Di fatti il concetto stesso di “viaggio” (come movimento) nel tempo rende chiara la differenza di applicazione: la facilità con cui delle immagini possono scorrere in avanti o indietro può rappresentare l’apparente movimento nel tempo. Non solo: queste immagini, questi “spezzoni di tempo” possono essere delle foto (cioè immagini statiche) od il consueto scorrere della pellicola.
Un esempio (anche di ricerca estetica) del primo caso lo abbiamo con il film di Chris Marker “La Jetée” (si tratta del termine che indica uno spazio, in questo caso una terrazza, che consente, ai visitatori di un aeroporto, la veduta del traffico aereo). Il “film” del 1963 si svolge in un mondo devastato dalla Terza Guerra Mondiale. Un prigioniero (Davos Hanich) è inviato decenni indietro nel tempo nella Parigi pre-guerra, dove scoprirà la verità su una memoria che lo assilla dalla sua infanzia: era accanto ad una donna (Helene Chatelain) sulla terrazza (la jetée) dell’aeroporto di Orly mentre un uomo viene ucciso. Viene definito come film ma in realtà è composto quasi esclusivamente da foto in bianco e nero, una modalità di realizzazione che contrasta con la “fluidità temporale” del cinema convenzionale, ma che evoca la umana abitudine di consultare il nostro passato, guardando vecchie foto in bianco e nero, poiché è una riflessione sulle memorie ed i traumi dell’infanzia e di come esse si schiudano, mostrando il loro significato, quando si è adulti. Ovviamente l’uomo ucciso nella memoria del protagonista, da bambino, è se stesso, un riferimento esistenzialista d’inevitabilità, di come la nostra morte sia predeterminata. Il titolo stesso ‘La Jetée’ evoca il passato: ‘là j’étais’ ovvero ‘ero là’.



Gli adattamenti cinematografici della narrativa dei viaggi nel tempo sono estremamente numerosi, anche se la pietra miliare fu l’adattamento fatto da George Pal, nel 1960 della storia di Wells “La macchina del tempo”. A dire il vero questo film primeggiava più per i costumi di scena ed allestimenti di età Edwardiana che per le sue caratteristiche di “fantascienza”… come in fondo anche alcune serie TV della BBC come Doctor Who e Adam Adamant Lives! (1966-68).
Negli anni ’80 vi fu un ritorno di fiamma relativo ai viaggi temporali, scatenato da un blockbuster particolare, non più un esercizio di nostalgia Edwardiana ma con del sano terrore Cyber tecnologico. Parliamo ovviamente di Terminator di James Cameron (1984) il quale collega i viaggi nel tempo con il senso di pericolosità (ed ansia) dovuto al crescente aumento di meccanizzazione e di computerizzazione che stava dominando l’Occidente. Di nuovo, il “desiderio di controllo”, come già successo ad inizio secolo ?

La trama la conoscete sicuramente: Arnold Schwarzenegger è un robot umanoide proveniente dal futuro, un Terminator, inviato nel passato da un malvagio network di computer “Skynet”, per uccidere una donna chiamata Sarah Connor che, nella Los Angeles del 1980, darà la luce a John Connor, il bambino che crescerà fino a divenire l’artefice della sconfitta dei computer nella loro lotta contro l’umanità. Dal futuro gli uomini inviano uno dei loro soldati a proteggere Sarah Connor. Il colpo di scena è che Kyle Reese, il soldato, e Sarah Connor, si innamorano; è lui il padre di John Connor e, nel tentativo di distruggere il figlio di Sarah Connor, Skynet non fa altro che provocare la sua stessa sconfitta. Reese si era innamorato di Sarah guardando, nel futuro, una sua foto. Come ne “La Jetée”, troviamo una certa simmetria narrativa e la nostra sensibilità ne esce rincuorata dal fatto che, nonostante la cronologia sia stata perturbata, si aggiusta tutto fino ad arrivare ad una linea temporale dove la razza umana vince. Il tema di “Terminator” è l’implacabilità. Reese descrive il Terminator a Sarah Connor :”non si può patteggiare con lui, non si può ragionare con lui, non conosce pietà, ne rimorso, ne paura… niente lo fermerà prima di averti eliminato, non si fermerà mai.”
Questo aspetto immaginativo deriva dalla tradizione culturale del “memento mori”, ovvero “ricordati che devi morire”. D’altronde la vera forma del Terminator, tolta la finta carne che lo riveste, è quella di uno scheletro cromato, completo di teschio ghignante. Nella tradizione storica l’implacabilità della morte viene spesso associata ad un concetto naturale, malattia, carestia, vecchiaia. Ora è invece trasfigurata in un ordigno creato dall’uomo, il che lo rende ancora più spaventoso.

L’altro grande franchising cinematografico degli anni 80 è “Ritorno al Futuro” di Robert Zemeckis, che giocava con i paradossi del viaggio temporale, creando trame complesse e più che piacevoli; una ragione del suo successo era anche dovuta al suo appigliarsi alla possibilità di esaminare il passato della propria famiglia, una sorta di “Happy Days”, in una piccola cittadina americana. Il secondo episodio (forse il meno riuscito) mostrava una visione satirica sulla società dei consumi del prossimo futuro (quello che stiamo vivendo ora?), per concludersi poi con il nostalgico e romantico finale del terzo episodio, sulla scia de “C’era una volta il West”.

Comunque sia, nonostante le differenze stilistiche ed il tono ovviamente più allegro, anche il succo di questa serie non si discosta da quello di Terminator. La “storia” (la successione degli eventi) non deve essere modificata – la linea temporale registra questi cambiamenti fino a cancellare lentamente Marty McFly da una fotografia, denotando il suo passaggio a creatura inesistente. Ciò che deve cambiare invece è la personalità degli individui. In particolare, il padre di Marty deve imparare ad affrontare i bulletti che lo assillano (“Pronto, McFly, c’è nessuno in casa?”) e a vincere la sua codardia, mentre Marty deve imparare qualcosa di diametralmente opposto – controllare la sua irascibilità, resistere alla provocazioni (“Nessuno può chiamarmi fifone!”) ed in generale comportarsi in modo meno aggressivo e sconsiderato. Entrambi gli uomini imparano queste lezioni e sono ricompensati – non solo il padre di Marty è nel presente un uomo di successo, ma ha realizzato il suo sogno di diventare un scrittore di fantascienza. Marty torna dalla sua fidanzata ed evita di essere annullato. C’è, in altre parole, una sorta di conservazione esistenziale nei viaggi del tempo del cinema, qualcosa che torna ad essere quello che è. Alcuni critici hanno esplorato le analogie fra le qualità formali della rappresentazione cinematografica ed il viaggio nel tempo.

Nei film si può facilmente velocizzare o rallentare l’apparente passaggio del tempo; far andare un film a ritroso da il senso di come il mondo esterno possa apparire a qualcuno che viaggia contro il vettore della freccia del tempo. Tagliare alcune scene permette di “tagliare” senza sforzo momenti (o eoni) di tempo (forse uno dei più famosi tagli cinematografici è quello fra l’uomo preistorico che lancia l’osso in aria e l’astronave che percorre la sua orbita in 2001: Odissea nello spazio (1968). Mentre guardiamo un film non viaggiamo letteralmente avanti di migliaia di anni.. ma l’illusione incanta maggiormente lo spettatore perchè viene resa in modo visuale.

A questo proposito citiamo un film di Rene Clair “Paris qui dort” (Parigi che dorme) del 1925. Si tratta di un film muto, della durata di 35 minuti, rilasciato in Inghilterra con il nome “The Crazy Ray”. Uno scienziato pazzo ha inventato un raggio misterioso che sperimenta su Parigi, facendo addormentare tutta la popolazione cittadina, con le persone che rimangono congelate, immobili come statue. Albert, il guardiano di notte della Torre Eiffel – rimasto immune assieme alla nipote dello scienziato grazie all’altezza – si accorge, al suo risveglio, che la capitale è paralizzata. Solo cinque persone arrivate in aeroplano sono sfuggite all’incantesimo e camminano per la città deserta. Anche se non si tratta nello specifico di narrativa “dei viaggi del tempo”, mostra le possibilità “ludiche” dell’obbiettivo fotografico: la stessa macchina che crea l’illusione del movimento è in grado di fermarlo, accelerarlo, rallentarlo, mandarlo a ritroso. Il rapporto fra le immagini statiche de “La Jetée” e le riprese in costante movimento di “Terminator” è incarnato nella iterazione fra i parigini “congelati” e quelli in movimento di questo divertente film. E’ certamente una pellicola che parla della cinematografia.

Abbiamo iniziato a parlare dei viaggi nel tempo con H.G.Wells nel 1890.. ma non è una strana coincidenza che in quegli stessi anni i film diventano una forma d’arte e non più una “curiosità” ? Vi sono quindi dei punti di contatto, sia metaforici che reali, fra fotoni e tachioni?

Nel prossimo articolo parleremo dei nostri deliri sul viaggio nel tempo.. a presto (si fa per dire).

P.S. Ho iniziato a scrivere questo articolo a Novembre 2016… più viaggio nel tempo di così..

Il viaggio nel tempo (parte 1)

Tempo.

Noi umani ci prestiamo a questa convenzione di misurare il tempo, indispensabile, per regolare e sicronizzare le nostre attività con gli altri, ci abituiamo fin dalla nascita a seguire il ritmo del giorno e della notte, del pasto e del riposo. Cresciamo ed iniziamo a meglio valutare e stimare il tempo; una settimana è il tempo che separa i  giorni di riposo, il mese e le stagioni fino alle vacanze, l’anno fino al Natale o al compleanno. Impariamo ad apprezzare il tempo “libero”, gli attimi di felicità, a ricordare date e scadenze. Separiamo i bei ricordi da quelli negativi, spesso cercando di cancellare quest’ultimi. Iniziamo a temere il tempo.. la vecchiaia.. la morte.

Spezzettiamo il tempo in frammenti sempre più minuscoli ed esatti, per darci l’illusione di poterlo controllare, di possederlo. Orologi atomici, orologi sincronizzati via radio in tutto il mondo, il tempo lo teniamo in pugno!!.. ma vi siete mai fermati a guardare il vostro orologio al polso? È lì, allacciato, vi stringe come le manette, come una fune alla gola. È il tempo che vince sempre, il solo ed unico biglietto di sola andata, la sabbia nella clessidra e la ruota che gira.

Il mio tempo, che sto trascorrendo bevendo caffè su questo aereo, mentre scrivo queste righe, ascoltando musica, è uguale al tuo che passi chiuso in casa a guardare la pioggia? È uguale a quello che si muove dentro gli occhi di un prigioniero? È paragonabile a quello  di un bambino che gioca?

Da ragazzo mi ero fatto una raffigurazione grafica del tempo: esistevano infiniti possibili futuri nei quali avrei vissuto ed interagito con altre persone. Ad esempio a 3 anni da oggi potrei trovarmi sulla luna, o a Salsomaggiore, o in qualsiasi altro posto dell’universo conosciuto che io sarei stato in grado di raggiungere nei prossimi 3 anni; e cosa facevo ? Qualsiasi cosa sia umanamente possibile, da solo od in compagnia di altre persone. Man mano che il futuro diventava sempre più prossimo, questi possibili futuri diminuivano le loro combinazioni e diversità (dato che diventava impossibile che a pochi secondi dal presente, mi sarei trovato a Roma, quando ero in realtà a Milano o che io potessi essere in compagnia del Dalai Lama se ero a scuola), fino al momento in cui passavano all’interno “dell’anello del Presente”. Appena varcata questa soglia, il passato diventava unico ed immodificabile.

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Una visione semplicistica. Ma il passato è veramente fisso e non modificabile?

Il motivo scatenante di questa nostra digressione sul tempo è questo articolo:
E’ un viaggiatore nel tempo quello alle spalle di Tyson?

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Lo spettatore alle spalle di Tyson (siamo nel 1995) sembra avere in mano un moderno cellulare con la lente della fotocamera in alto. All’epoca la maggior parte delle macchine fotografiche avevano la lente al centro. Non si tratta quindi di una macchina “convenzionale” e gli smartphone non esistevano. Esistevano modelli di fotocamere, come riportato nell’articolo, con forme meno convenzionali e probabilmente lo spettatore aveva in mano una di queste. O forse no ?

La fantascienza ha fatto dei viaggi nel tempo uno dei sui cavalli di battaglia. Il fatto che però non vediamo fra di noi visitatori provenienti dal futuro potrebbe significare che di fatto non sia possibile tornare indietro nel tempo. Oppure sono molto bravi a nascondersi fra noi, per evitare di influenzare il nostro presente.

Nel prossimo articolo parleremo di come l’idea dei viaggi nel tempo ha influenzato il cinema di fantascienza.

Stay tuned.